Venaria Reale

Piccole dimensioni e grande offerta: la città di Venaria Reale (34.000 abitanti) presenta un’arte democratica, dove sia le dimore del popolo che i palazzi della nobiltà. Le prime sono concentrate nel Centro Storico. A progettarlo, tra il 1667 ed il 1690, l’architetto di Castellamonte, a cui viene chiesto di realizzare una scenografia, un disegno urbano pensato per esaltare la Reggia (simbolo del potere) legandola al borgo (la zona di produzione economica). Inoltre, visto dall’alto, il Centro storico ricorda il Collare dell’Annunziata, antica medaglia della nobiltà Sabauda, con la Piazza dell’Annunziata a ricordare il medaglione. Proprio la pizza è un esempio eccellente di architettura barocca, con bellezza ed equilibrio formale spinti all’estremo. Ecco che da un lato vi è la Chiesa della Natività di Maria Vergine, dall’altro l’Ospedale civile, sorta di contrappeso architettonico. Invece, i portici degli edifici presentano due colonne, con i patroni della città, l’Annunziata e l’Angelo dell’Annunziazione. E poi, la Reggia di Venaria Reale, completamento di tale introduzione architettonica. Nonostante il nome sia legata alla caccia (dal termine latino), la reggia è molto di più di una dimora di campagna: nelle intenzioni del suo creatore, Carlo II, la reggia deve essere un simbolo del potere della dinastia. Nel corso della storia, la Reggia ha subito sia gli assalti dell’uomo che l’incuria del tempo, ma dal 1978 è sottoposta a programmi di cura e restauro. La struttura è immensa, dove sia gli spazi abitativi (ad es: la Galleria Diana) che i giardini sono improntati alla massima dimensione ed alla massima decorazione possibile. Parlando delle bellezze della città, è obbligatorio citare la Chiesa di Sant’Uberto, considerata da molti critici uno degli esempi migliori di barocco internazionale. La struttura presenta diversi accorgimenti unici. Il primo, i trompe l’oeil all’interno, pensati per rimediare alla mancanza di una cupola centrale, dovuta per rispettare la presenza dei palazzi laterali. E poi l’interno, che vanta il maestoso altare di marmo e la enormi statue dei Dottori della Chiesa (Agostino, Ambrogio, Atanasio e Giovanni Crisostomo) opera dello scultore Giovanni Baratta e del collega e nipote Antonio Cibey.

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